E questo ci porta a farci un'altra domanda: com'è la situazione oggi, a quasi otto anni di distanza dal referendum?
Non è cambiato molto, in termini di desiderio comune: la questione dell'indipendenza della Catalogna resta ancora oggi aperta e divisiva, con la maggior parte della popolazione che spinge in quella direzione. Però, è anche vero che i toni si sono attenuati, diventati più istituzionali e negoziali rispetto al clima di rottura e tensione di quegli anni.
A seguito dell'intervento dello Stato spagnolo con l'arresto o l'esilio di vari leader indipendentisti, il movimento ha subito, per forza di cose, una fase di stallo. A cui è seguito, poi, un lento processo di normalizzazione e di dialogo. Giusto negli ultimi anni, infatti, il governo centrale e quello catalano hanno ripreso i colloqui mirati a trovare una soluzione politica che andasse bene per tutti, anche se le posizioni rimangono inevitabilmente distanti.
Guidato da forze indipendentiste -Esquerra Republicana de Catalunya e Junts per Catalunya-, il governo catalano continua imperterrito a sostenere il diritto all'autodeterminazione, anche se oggi punta di più su strategie legali e negoziate, rispetto all'unilateralismo del passato. Allo stesso tempo, la società catalana rimane divisa quasi a metà: una parte continua a chiedere l'indipendenza, mentre un'altra preferisce restare in Spagna, magari con una maggiore autonomia. Una via di mezzo che potrebbe accontentare tutti, ma al tempo stesso non accontentare nessuno.
Ad ogni modo, pare che nel frattempo il tema dell'indipendenza sia diventato meno prioritario rispetto a questioni economiche, sociali e sanitarie, soprattutto in seguito alla pandemia. Resta comunque un elemento centrale nell'identità politica catalana. e potrebbe riaccendersi con forza in occasione di elezioni o cambi di scenario politico nazionale. Come abbiamo già avuto modo di vedere negli anni, basta un nonnulla per alimentare il senso di indipendenza della regione.
Siamo oggi in una fase più riflessiva e pragmatica, ma questo non significa che la Catalogna abbia affatto abbandonato il proprio obiettivo. La strada verso una possibile indipendenza resta complessa, incerta e ancora tutta da scrivere. E qualche pagina è già stata scritta all'inizio di quest'anno, in effetti: a gennaio del 2025, Carles Puigdemont e Oriol Junqueras, figure chiave del referendum del 2017, si sono incontrati a Waterloo, in Belgio, segnando un riavvicinamento tra i due principali partiti indipendentisti. Questo incontro ha suscitato speculazioni su una possibile strategia comune per rilanciare il progetto indipendentista.
Nel corso dell'anno, poi, il governo spagnolo ha concesso alla Catalogna un nuovo accordo di finanziamento, simile a quelli già in vigore per i Paesi Baschi e la Navarra. La Catalogna adesso può raccogliere e gestire in autonomia le proprie imposte, attraverso un'agenzia fiscale regionale: questo riduce significativamente i trasferimenti al fondo comune nazionale.
E nonostante il sostegno all'indipendentismo catalano pare essere sceso intorno al 38%, il presidente catalano Pere Aragonés ha dichiarato che un nuovo referendum sull'indipendenza sarà inevitabile, sottolineando la necessità di un dialogo continuo con il governo centrale.